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Tacito
De oratoria,39
 
originale
 
[39] Parvum et ridiculum fortasse videbitur quod dicturus sum, dicam tamen, vel ideo ut rideatur. Quantum humilitatis putamus eloquentiae attulisse paenulas istas, quibus adstricti et velut inclusi cum iudicibus fabulamur? Quantum virium detraxisse orationi auditoria et tabularia credimus, in quibus iam fere plurimae causae explicantur? Nam quo modo nobilis equos cursus et spatia probant, sic est aliquis oratorum campus, per quem nisi liberi et soluti ferantur, debilitatur ac frangitur eloquentia. Ipsam quin immo curam et diligentis stili anxietatem contrariam experimur, quia saepe interrogat iudex, quando incipias, et ex interrogatione eius incipiendum est. frequenter probationibus et testibus silentium + patronus + indicit. unus inter haec dicenti aut alter adsistit, et res velut in solitudine agitur. Oratori autem clamore plausuque opus est et velut quodam theatro; qualia cotidie antiquis oratoribus contingebant, cum tot pariter ac tam nobiles forum coartarent, cum clientelae quoque ac tribus et municipiorum etiam legationes ac pars Italiae periclitantibus adsisteret, cum in plerisque iudiciis crederet populus Romanus sua interesse quid iudicaretur. Satis constat C. Cornelium et M. Scaurum et T. Nilonem et L. Bestiam et P. Vatinium concursu totius civitatis et accusatos et defensos, ut frigidissimos quoque oratores ipsa certantis populi studia excitare et incendere potuerint. Itaque hercule eius modi libri extant, ut ipsi quoque qui egerunt non aliis magis orationibus censeantur.
 
traduzione
 
39. ?Sembrer? forse banale e ridicolo quello che sto per dire; tuttavia lo dir? anche solo per farvi ridere. Quanta perdita di dignit? noi pensiamo che abbiano provocato all'eloquenza questi mantelletti, in cui noi, stretti e come rinchiusi, andiamo a parlare coi giudici? Quanta forza noi crediamo che abbia tolto all'arringa l'ambiente delle aule e degli archivi, in cui si trattano ormai quasi tutte le cause? Infatti, come per i cavalli di razza ? la corsa in spazi aperti a far prova della loro qualit?, cos? l'oratore ha bisogno di un campo vasto, in cui spaziare libero e senza remore, per evitare che l'eloquenza si indebolisca e vada in frantumi. Inoltre, l'esperienza ci mostra che una cura meticolosa e lo sforzo ansioso di rifinire lo stile ottengono l'effetto contrario, perch? spesso il giudice ti domanda quando intendi venire al punto e devi iniziare a partire da quella domanda; e di frequente ti impone il silenzio per lasciar posto alle prove e ai testimoni. Nel frattempo solo uno o due stanno ad ascoltare chi parla e l'azione giudiziaria procede in una sorta di deserto. L'oratore, invece, ha bisogno di clamore e di plauso e di stare in una sorta di teatro. E questo accadeva ogni giorno agli antichi oratori, quando il foro era affollato da un uditorio al tempo stesso numeroso e scelto, quando accanto a persone che affrontavano il rischio del processo c'erano anche stuoli di clienti e compagni della stessa trib? e anche delegazioni di municipi e di parti dell'Italia, quando il popolo romano credeva che, per la maggior parte dei processi, il loro esito lo riguardasse direttamente. Sappiamo bene che l'accusa e la difesa di Gaio Cornelio e di Marco Scauro, di Tito Milone e di Lucio Bestia e di Publio Vatinio ha fatto accorrere tutta la citt?, di modo che anche gli oratori pi? grandi non potevano non essere eccitati e infiammati dallo scontro delle passioni popolari. Ecco allora che ci resta il testo dei discorsi, di una forza tale che anche quanti li hanno pronunciati traggono da questi pi? che da qualsiasi altro il loro titolo di gloria.?
 

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